Crisi economica, vincoli di bilancio e impatto sui diritti dei lavoratori in Europa
Fausta Guarriello
(Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Pescara; Docente a contratto nell’Università Sapienza di Roma)
Roma, 30 marzo 2015
Il diritto del lavoro e l’Europa: dalla “frigidità sociale” dei padri fondatori della Comunità economica europea (Cee) al progressivo sviluppo di un corpus normativo di diritto del lavoro europeo;
Il tradizionale sistema delle fonti del diritto europeo del lavoro tra concorrenza e sussidiarietà: le norme sociali dei trattati, i regolamenti, le direttive. L’armonizzazione nel progresso dei sistemi nazionali di diritto del lavoro attraverso il recepimento delle direttive negli ordinamenti nazionali;
La giurisprudenza della Corte di Giustizia: ricorso pregiudiziale e procedura di infrazione come strumenti di controllo dell’attuazione del diritto comunitario;
La consacrazione dei diritti fondamentali: la Carta di Nizza assume lo stesso valore giuridico delle norme dei Trattati (art. 6 Trattato di Lisbona, 2009);
L’affiancamento del Metodo aperto di coordinamento (OMC) al metodo comunitario classico: soft law v. hard law (coordinamento europeo delle politiche, piani di azione nazionali, strumenti non vincolanti, come linee-guida, scambi di buone pratiche, obiettivi, indicatori, scadenze, peer-review, raccomandazioni, assenza di controllo giudiziario). La nascita di un nuovo modello di governance: dall’armonizzazione delle regole al coordinamento europeo delle politiche (che restano ancora in mano agli Stati membri)
Dall’applicazione dell’ OMC alle politiche per l’occupazione (cd. processo di Lussemburgo 1997) alla strategia di Lisbona (2000) con applicazione dell’OMC ad altri settori delle politiche sociali (pensioni, salute, formazione, inclusione sociale); alla strategia di Lisbona rivisitata (2005) con la confluenza dei vari processi nella Strategia integrata per la crescita e l’occupazione. Il metodo comunitario classico eclissato dall’OMC? La difficoltà di procedere a nuove armonizzazioni in un’Europa allargata (2004, 2007).
L’irruzione della crisi finanziaria ed economica, divenuta poi dei debiti sovrani: la reazione dell’Europa. Dapprima la sola risposta unitaria è la politica monetaria europea, mentre gli Stati procedono in ordine sparso e la Commissione propone un Recovery Plan (2008) e mette a regime il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG 2009) come risposta immediata alla crisi, nella prospettiva di una transizione verso un’economia sociale di mercato con obiettivi di crescita sostenibile, intelligente , verde (Strategia Europa 2020, 2009)). La strategia EU 2020 punta su riforme a medio-lungo termine che promuovano la crescita e l’occupazione e assicurino la sostenibilità delle finanze pubbliche, rafforzando il coordinamento delle politiche economiche, sia in fase preventiva che correttiva, attraverso riesami periodici dei programmi nazionali e l’emanazione di raccomandazioni specifiche per paese.
Il perdurare e l’aggravarsi della crisi e gli attacchi speculativi mossi verso alcuni paesi dell’eurozona portano al pacchetto di sostegno alla Grecia (2010) e alla creazione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e di un fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF), sostituiti in via permanente dal Meccanismo europeo di stabilità (ESM) per rispondere alla crisi dei debiti sovrani.
La risposta europea alla crisi ha fortemente minato i diritti dei lavoratori: la nuova governance macroeconomica e le condizioni poste dalla troika (FMI, BCE e Commissione) ai paesi cui sono stati concessi prestiti finanziari hanno comportato una forte deregolamentazione dei diritti dei lavoratori a livello nazionale (Semestre europeo 2011, Patto Euro Plus 2011, Six Pact, Two Pack, poi confluiti nel Trattato su stabilità, coordinamento e governance dell’UEM, cd. Fiscal Compact 2012, con la costituzionalizzazione della regola del pareggio di bilancio).
Misure per favorire la crescita: in tempi in cui non è possibile per gli Stati dell’eurozona cercare margini di competitività attraverso la svalutazione della moneta, essi sono spinti a usare la loro competenza normativa per deregolamentare il diritto del lavoro e i sistemi nazionali di contrattazione collettiva attraverso il Semestre europeo, il Patto Euro Plus e i Memoranda of understandings.
Il Semestre europeo è una procedura di rafforzamento della governance macroeconomica che implica un rafforzamento della sorveglianza sugli Stati membri, rafforza le sanzioni in caso di deficit eccessivo, implica la presentazione anticipata della legge di bilancio alla Commissione per favorire il coordinamento ex ante, comporta un ampio quadro di valutazione macro-economica e un’approfondita analisi della situazione, nonché l’emanazione di Country specific recommendations (CSRs);
Il Patto Euro Plus (2011) si applica ai paesi dell’Eurozona più Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. Mira a rafforzare il pilastro economico dell’ UEM e migliorare la qualità del coordinamento della politica economica, con l’obiettivo di migliorare la competitività e condurre a una maggiore convergenza rafforzando l’economia sociale di mercato (voluto dalla Germania, in cambio della sua resistenza a varare il meccanismo europeo di stabilità). Gli Stati si impegnano ad assumere tutte le misure necessarie a : 1) migliorare la competitività, valutata sulla base dell’aumento dei salari e della produttività e del bisogno di adattamenti competitivi; 2) migliorare l’occupazione, valutata sulla base dei tassi di disoccupazione di lunga durata e di disoccupazione giovanile e sui tassi di attività; 3) contribuire maggiormente alla sostenibilità delle finanze pubbliche, con particolare riguardo alla sostenibilità della spesa pensionistica, sanitaria e sociale; 4) rafforzare la stabilità finanziaria, attraverso una normativa sul sistema bancario e sulla stabilità finanziaria.
L’impatto sul diritto del lavoro: gli Stati sono assoggettati a un meccanismo di sorveglianza da parte della Commissione europea, che monitora con regolarità l’attuazione degli impegni assunti. 3 dei 4 obiettivi impattano direttamente sul diritto del lavoro: in particolare il primo (migliorare la competitività) è stato molto contestato, perché se ogni paese è responsabile per le politiche adottate, che devono rispettare le tradizioni nazionali di dialogo sociale e i sistemi di relazioni industriali, tuttavia le misure “suggerite” dalla Commissione per assicurare aumenti dei costi in linea con l’aumento della produttività comportano la revisione degli accordi salariali e del grado di centralizzazione della contrattazione collettiva (v. Finlandia, Paesi Bassi, Austria), dei meccanismi di indicizzazione salariale (v. Belgio) , una revisione della regolamentazione del settore pubblico a supporto della competitività del settore privato. La contestazione di tali indicazioni ha portato ad un’attenuazione delle stesse (solo “ove necessario”; o attraverso la scelta di misure diverse, di impatto equivalente).
Anche riguardo al miglioramento dell’occupazione, le misure scelte devono fare attenzione ad assicurare riforme del mercato del lavoro che promuovano la flexicurity, riducano il lavoro nero e migliorino i tassi di attività; assicurino la formazione lungo l’intero arco della vita; favoriscano una minore tassazione del lavoro.
L’obiettivo di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche impatta direttamente sulle riforme necessarie ad assicurare la sostenibilità e l’adeguatezza delle pensioni e delle altre prestazioni sociali allineando il sistema pensionistico alla situazione demografica nazionale (ad es. allineando l’età pensionabile effettiva all’aspettativa di vita o aumentando il tasso di partecipazione al mercato del lavoro), limitando i prepensionamenti e usando incentivi mirati per favorire l’impiego dei lavoratori over 55.
La versione finale del Patto Euro Plus risente di diversi approcci: quello tedesco, favorevole a un maggior controllo della spesa nazionale; e quello di paesi come Spagna o Belgio, che volevano conservare il loro sistema nazionale.
Più intrusivi sono i Memoranda of understandings, indirizzati ai paesi che hanno ricevuto il sostegno finanziario della troika. Essi sono concordati con le istituzioni economiche e contengono pesanti condizionalità in cambio degli aiuti erogati: ad es. l’Irlanda si è impegnata a tagliare i salari minimi; il Portogallo a una serie di tagli, come la sospensione della tredicesima e quattordicesima mensilità per i funzionari pubblici e i pensionati, la riforma della legge sui licenziamenti individuali.
Le politiche di austerità imposte dall’Europa stanno portando ad una de-regolamentazione del diritto del lavoro in molti paesi europei, non solo quelli sottoposti ai Memoranda of Understandings, ma anche tutti i paesi destinatari di CSRs: l’obiettivo comune sono riforme strutturali dei mercati del lavoro effettuate prevalentemente attraverso un allentamento delle regole del diritto del lavoro volto ad assicurare maggiore flessibilità attraverso la modifica delle norme in materia di assunzioni e licenziamenti, di orari di lavoro e di contratti atipici, l’indebolimento degli attori e delle procedure di contrattazione collettiva, la riduzione della protezione dei lavoratori. Contro quello che appare uno smantellamento del modello sociale europeo molti sindacati nazionali hanno presentato azioni in giudizio, davanti ai giudici costituzionali nazionali, alla Corte di Giustizia europea e alla CEDU, al Comitato europei dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, al Comitato per le libertà sindacali dell’OIL.
Bibliografia essenziale
Allegri G., Bronzini G., Sogno europeo o incubo?, Fazi Editore, Roma, 2014
ETUI, Benchmarking Working Europe 2014, Brussels, 2014
Giubboni S., Lo Faro A., Tega D., I diritti sociali alla prova della crisi, in Giorn. Dir. lavoro rel. ind., 2014, 2, pp. 269 ss.
Habermas J., Nella spirale tecnocratica. Un’arringa per la solidarietà europea, Laterza, Bari, 2013
Kilpatrick C., De Witte B., A comparative framing of fundamental rights challenges to social crisis measures in the Eurozone, in European Journal of Social Law, n. 1-2, 2014
Streeck W., Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico, Feltrinelli, Milano, 2013